Aprire una startup: come farlo uscendo da un’azienda o centro di ricerca

Categorie: Startup
Settembre 2, 2021
Tempo di lettura: 6 minuti

Arriva il momento in cui le conoscenze tecnologiche acquisite e le esperienze che si hanno alle spalle fanno nascere il desiderio di aprire una startup, lasciando il proprio posto in azienda o in un centro di ricerca per far decollare così la propria idea di business. È un passo coraggioso, ma che può anche riservare molte soddisfazioni, e non potrebbe esserci momento migliore per compierlo visto quanto sta accadendo nell’ecosistema italiano dell’innovazione e al mercato degli investimenti in startup, oltre al cambio radicale delle modalità con cui le aziende hanno scelto o dovuto gestire i propri dipendenti. Le opportunità sono molte e si ha mediamente più libertà di decidere come organizzare il proprio tempo e chi ha il desiderio di intraprendere una strada imprenditoriale può iniziare a pensare concretamente a come farlo.

Hai l’idea giusta per aprire una startup?

Alla base della decisione di lasciare la vita d’azienda per aprire una startup ci deve essere non una voglia di fuga bensì una spinta imprenditoriale che trova il suo epicentro in un’idea basata sulla tecnologia. Dato che sarà la testa d’ariete per sfondare nel mondo del business, è fondamentale assicurarsi che ci siano delle buone potenzialità per farlo: questa è la prima valutazione da effettuare, con scrupolosità e metodo, dimenticandosi per un attimo dell’amore per la propria idea.

Dopo essersi confrontati con il mondo della ricerca e aver verificato la validità della propria idea anche sulla base di ciò su cui stanno puntando i reparti R&D delle aziende e di cui sta parlando la stampa specializzata, è il momento di adottare una visione più ampia superando le mura del laboratorio o dell’azienda in cui ci si trova. È un passaggio essenziale da compiere, un cambio di punto di vista necessario per esplorare le possibili applicazioni della tecnologia che si ha tra le mani ed è necessario farlo senza pregiudizi, anzi, cercando di non imboccare con la mente meccanicamente percorsi già noti. Servono “fantasia” e coraggio per farlo, ma può essere utile anche rivolgersi a dei mentor o a degli esperti che possano offrire un punto di vista diverso e aiutarci a pensare “out of the box”, fuori dall’azienda o dal laboratorio, fuori dalle applicazioni più ovvie a cui la nostra idea può far pensare. Per questo è essenziale ampliare il proprio network con figure che credono nell’avventura e che siano in grado di dare un apporto di valore al suo sviluppo.

I dilemmi legali per aprire una startup

Anche se l’aspetto legale non è la prima cosa a cui si pensa quando si decide di aprire una startup, lo dovrebbe essere perché si tratta di proteggere la propria idea e assicurarsi di poter beneficiare al meglio del suo eventuale successo. Lasciando un’azienda o un centro di ricerca per lanciare uno spin-off,è necessario gestire assieme ad un consulente legale possibilmente esperto del settore il tema della proprietà intellettuale (IP). Ci sono infatti delle scelte strategiche che vanno fatte subito, come quella tra segreto industriale e brevetto, oppure tra licensing e trasferimento IP.

Nel primo caso ci sono delle differenze di durata, di costi e anche di ottenimento del giudizio di sussistenza mentre nel secondo si decide a chi attribuire la paternità dell’idea. È un aspetto molto delicato e che può impattare anche sul rapporto con gli investitori che tendono a preferire il trasferimento di IP perché con il licensing si lascia all’azienda o al centro di ricerca la titolarità dell’idea con il vincolo di versargli delle royalties legate al suo successo. Questo meccanismo di rewarding, se inevitabile, è meglio che preveda l’esclusività di utilizzo, ma soprattutto non deve essere proibitivo perché nessun investitore punterebbe su uno spin-off appesantito da royalties alte e scoraggianti per un’attività ai primi passi. Nella negoziazione meglio avere un legale al proprio fianco esperto di tecnologia e puntare sull’expertise del founder assicurando la non competitività tra lo spin-off e l’azienda o l’università da cui esso nasce. 

BP, MVP e team, i 3 punti per aprire una startup

In quello che si potrebbe definire il kit essenziale di uno startupper non devono mai mancare tre elementi: business plan, MVP e team.

Anche se è poco probabile che sia quello definitivo, il business plan è da preparare con cura e attenzione e da tenere sempre aggiornato man mano che l’idea tecnologica e il business della startup evolvono. Questo documento spiega la strategia che si intende attuare e ciò che ci si aspetta, è quindi prima di tutto una guida per il founder oltre che l’opportunità per presentare nero su bianco le proprie intenzioni a potenziali investitori.

Il Minimum Viable Product (MVP) è un altro elemento che aiuta a credere in una startup anche se appena nata perché rappresenta la prima versione del prodotto. Restando in fase di testing, con essa si può capire se ci si trova sulla buona strada per conquistare clienti e nuovi capitali.

Quando si intende aprire una startup è fondamentale creare un team che sia appassionato all’idea, dotato di competenze e esperienze variegate, ma allo stesso tempo compatto e coeso attorno ai valori condivisi dal founder. Solo un’idea alle cui spalle ci persone motivate, preparate e unite può infatti sperare di farsi oggi strada sul mercato.

White Paper_Dal laboratorio di ricerca alla startup