Threads, X, Risse e FOMO. La competizione ed il futuro dei prossimi Social Network

Categorie: Hi-Tech, Investitori, Startup
Luglio 27, 2023
Tempo di lettura: 16 minuti

Questo è uno di quei momenti in cui il fascino e l’eccitazione per l’uscita di una nuova app si mischia a incertezze e paure per qualcosa che a detta di molti, seppur simile nell’aspetto, non è un’app come tutte le altre.

Da qualche settimana, Meta, l’azienda dietro Facebook e Instagram, ha dichiarato guerra a Twitter (da qualche giorno “X”), con la sua nuova app Threads e ben presto ha fatto capire a tutti di avere una reale possibilità di diventare l’app di riferimento tra i text-based social network e non solo una moda passeggera pompata dalla FOMO (fear of missing out) del momento.

Al lancio ha dimostrato quasi subito di essere unica nel suo genere. Nelle prime due ore ha raggiunto 2 milioni di utenti e da lì è salito costantemente a 5 milioni, 10 milioni, 30 milioni e poi 70 milioni. Il seguito è andato “ben oltre le nostre aspettative”, ha dichiarato il CEO Mark Zuckerberg.

E qualche giorno dopo ha già superato i 100 milioni di utenti, raggiungendo questo traguardo in tempi record, bruciando sul tempo anche il tanto acclamato e controverso ChatGPT. 

La spiegazione ad un così alto numero di utenti può essere trovata nella vasta user-base di Instagram, che è stata usata per veicolare in maniera organica il traffico sulla nuova piattaforma. 

Infatti al rilascio di Threads, gli utenti IG localizzati negli USA hanno visto comparire sull’app un banner per l’iscrizione a questo nuovo prodotto definito come “companion-app” del famoso social di condivisione foto e video. Come era facile aspettarsi, in molti hanno cliccato per registrarsi. Se non altro per paura di perdere il trend.

Nonostante questo “trucco”, il risultato raggiunto ad oggi rimane estremamente rilevante, portando a termine una delle operazioni di trasferimento di community più grandi ed importanti fino ad oggi e difficilmente replicabile.

Modalità Metabook

Non è un segreto che Zuckerberg ami prendere “libera ispirazione” da altri competitor, al punto che la strategia di sviluppo di Facebook prima e Meta oggi (da cui Metabook), in virtù della loro posizione dominante sul mercato, si muove quasi unicamente su due direttrici: acquisire  il competitor o replicarne le caratteristiche distintive. 

Sono tantissimi infatti gli esempi che si sono susseguiti negli corso degli anni.  

Facebook da sola rimpiazzato in sequenza: Myspace, copiando con Facebook la funzionalità di creare un profilo personale, Groupon con Facebook Check-in deals, Craigslist  attraverso Facebook Marketplace, Karma con Facebook Gifts e la lista continua…

Facebook Messenger ha preso il posto di MSN Messenger (o Windows Live Messenger) e con l’acquisizione di Whatsapp si è garantita il controllo di una fetta prevalente delle comunicazioni che effettuiamo su base giornaliera.

Per non parlare di Facebook Poke, dei quali non molti si ricordano, che era un primo tentativo mal riuscito, di  replicare in tutto e per tutto Snapchat. Non contenta del risultato, qualche anno dopo ha introdotto le famigerate Instagram Stories, facendo breccia nella user-based che fino ad allora usava Snapchat proprio per quell’unica feature.

Insomma ribadiamo, niente di nuovo sotto il sole di Menlo Park. Ma qual’è stata la caratteristica che ha reso tutte queste operazioni di acquisizione o di replica totale un enorme successo? La risposta risiede probabilmente nell’individuazione di un corretto timing e in questo, l’uscita di Threads non fa alcuna eccezione.

Il contesto competitivo di riferimento

Per rispondere alla domanda “Perchè proprio ora?” facciamo un passo indietro, analizzando lo stato di salute dei competitor presenti.

Twitter (o per meglio dire “X”), il principale rivale, ha attraversato negli ultimi tempi un periodo caratterizzato dalla presenza di critiche e lamentele sui servizi offerti. A questo malcontento si contrappongono coloro che, specie dopo la pubblicazione dei Twitter Files, riconoscono a Twitter di essere oggi una piattaforma libera, priva di content management nel passato spesso arbitrario, al di là di alcune scelte manageriali dell’eccentrico proprietario Elon Musk che appaiono oggettivamente erratiche.

Volendo provare a capire cosa in realtà stia accadendo, possiamo pensare che sia in atto, specie nei paesi anglosassoni, una polarizzazione fra coloro che credono in un perimetro di accettabilità sociale di espressione più limitato rispetto a quanto consentito dalla normativa e quelli che ritengono che sia la legge l’unica a poter delineare tale perimetro di accettabilità anche nei social network e che questi ultimi non possono trasformare le proprie condizioni d’uso private in legge cogente del mondo parallelo digitale alternativa a quelle democraticamente definita dal popolo. 

Anche per questi motivi in molti hanno percepito negativamente il cambio di leadership, nonostante questo non abbia ancora prodotto un’uscita completa da parte di molti di coloro che la professano, evidentemente preoccupati. E qui viene il punto di un’assenza di alternativa.

Contemporaneamente anche Reddit, con la sua decisione di far pagare le API, ha scatenato una serie di proteste che hanno portato intere community a decidere temporaneamente di chiudere per protesta il proprio account ed a riaprirlo successivamente auto assegnandosi l’etichetta di “not safe for work” pur di inibire la monetizzazione sulle inserzioni pubblicitarie da parte della piattaforma. 

Questo scontento nei confronti dei mondi virtuali consolidati, ha alimentato ulteriormente l’entusiasmo intorno alla possibilità di sperimentare qualcosa di nuovo e magari diverso.

In questo contesto sono iniziate a prendere piede una serie di alternative.

Persino Jack Dorsey, l’ex CEO e co-fondatore di Twitter, ha lanciato la sua app chiamata BlueSky, che per il momento si è dimostrata di poco successo. E ancora Macedon, Farcaster e Nostr hanno preso parte alla lista dei competitor.

Una menzione per lo sviluppo che ha avuto nel numero di utenti merita Mastodon, che si è presentata al pubblico come una piattaforma in grado di offrire un nuovo modo di fare social network denominato “Fediverso” adottando un protocollo decentralizzato chiamato ActivityPub. Questo protocollo si distacca volutamente da logiche di eccessivo riverbero mediatico, permettendo di rendere interoperabili le reti sociali e collegando tutto a un unico grafo sociale e sistema di condivisione dei contenuti.

In un periodo di proliferazione e dubbi come questo appena descritto, Threads ha colto l’opportunità di porsi come mediatore centrale e di capitalizzare questo sentimento di disorientamento ed inappropriatezza percepito da ognuna delle due componenti polarizzate nei confronti dell’altra, unite alla viscerale necessità di coloro magari estranei a tale polarizzazione di trovare libero sfogo a idee e pensieri all’interno di community in grado di apprezzarle e condividerle.

Da un punto di vista strategico, con un atto di forte distacco dalle vecchie piattaforme, Meta ha fatto in modo di lanciare l’app con zero pubblicità e di non pensare alla monetizzazione finché l’app non raggiungerà un miliardo di utenti. 

In un suo comunicato, Zuckerberg ha manifestato l’interesse ad integrare in futuro il Fediverso, ma è in dubbio se sia più una trovata di marketing per portare via utenti da Mastodon o se ci sia un reale desiderio nell’esplorare nuovi approcci tecnologici.

Problemi in vista

Ovviamente Threads non è la panacea di tutti i mali, anche se a giudicare dalle parole del CEO potrebbe sembrare il contrario.

Molte delle funzioni chiave che ci saremmo aspettati, semplicemente mancano. Ad esempio non sono presenti i trending topics che in una piattaforma basata sull’informazione e sulle news sembra proprio una grave mancanza.

Pur essendoci già tantissimi iscritti il problema di dover ricominciare da capo e creare di nuovo la propria base di seguaci rimane ancora molto sentito.

E ancora, il profilo utente non è sufficientemente personalizzabile e non si può nemmeno fare doppio tap sui messaggi per mettere “mi piace”.

Che Meta miri al target degli scontenti di Twitter per una gestione del content management più permissiva, è un’ipotesi più che possibile anche solo leggendo il tweet del suo CEO. La piattaforma sembrerebbe aver scelto di esercitare un grado di controllo incredibilmente elevato sugli utenti, alimentando, censurando o rimuovendo qualsiasi contenuto che non sia in linea con la narrativa di una delle due componenti polarizzate.

È cosa nota che Meta già sta cancellando interi thread che vanno contro tutto ciò che non è coerente con il pensiero del proprio target. Un buon esempio da citare è quello della storia della cocaina trovata nella Casa Bianca che è stata cancellata dal social dopo che i partecipanti al thread si sono chiesti se essa potesse essere riconducibile ad Hunter Biden.

Se si segue qualcuno le cui opinioni non sono state approvate dagli standard della piattaforma (un caso emblematico è ovviamente il profilo di Trump), si riceve un warning dal sistema di fact checking della piattaforma. L’effetto che potrebbe scaturire è quello di creare un ambiente “safe”, in cui però sono tollerate solo determinate opinioni e non sono ammessi pensieri troppo dissenzienti.

Ma non sono solo quelli che scrivono i thread a doversi preoccupare.

Privacy Policy

C’è anche un grande problema di dati. Forse ve ne sarete accorti se vivete in Italia.

Questa app non è disponibile nell’Unione Europea. Questo perché l’UE ha politiche di condivisione dei dati molto severe verso le quali Threads non è compliant.

C’è da dire, a loro discolpa, che l’intero modello di business di Meta consiste nel fare soldi con la profilazione dei propri utenti, tracciando le loro attività per poi venderli agli inserzionisti.

Il punto è che questa volta, per registrarci, dobbiamo dare libero accesso ad un’ampia gamma di dati sensibili inerenti persino alla sfera sanitaria e finanziaria.

C’è anche una clausola di retention piuttosto singolare che impedisce la chiusura dell’account di Threads dopo averlo aperto, a meno che non si chiuda anche l’account di Instagram.

Sotto questo profilo, l’estensione del perimetro di accesso a queste informazioni costituisce un esperimento sociale interessante. 

Il suo successo o meno potrebbe segnare il momento in cui decideremo se i nostri dati sono proprietà della collettività per supportare progresso e innovazione oppure rimarranno un diritto individuale e non cedibile.

Meta ha bisogno di essere rilevante

Nel corso degli ultimi anni, Zuckerberg ha ironicamente avuto gli stessi problemi che si è ritrovato ad affrontare il suo rivale Elon Musk con Twitter. Il CEO di Meta ha deciso di investire miliardi di dollari nel metaverso e nei suoi progetti VR che presentano delle enormi opportunità, ma come in tutti i progetti innovativi, anche un livello di rischio piuttosto alto. 

Allo stesso tempo anche Facebook sta assistendo ad un lento ridimensionamento della propria user-base, in particolare per quel che riguarda i giovani utilizzatori. E probabilmente non passerà molto tempo prima che la piattaforma inizi a prosciugarsi del tutto.

Con l’ingresso di Apple nel mondo della realtà virtuale e aumentata, Meta sta cercando in tutti i modi di rimanere rilevante nei prossimi anni e Threads potrebbe essere il suo asso nella manica. 

Anche se questo lascerebbe aperti parecchi interrogativi. 

Meta infatti ha già un enorme monopolio nel mondo della tecnologia con Facebook, WhatsApp e Instagram tutti sotto la sua proprietà, e il grafo sociale che disegnano conta più di 3 miliardi di nodi su circa 8 miliardi di persone.

Controllando un’enorme fetta della comunicazione online possono controllare il flusso di informazioni nel mondo?  A giudicare dal ruolo che queste piattaforme hanno giocato in passato è forse lecito preoccuparsene almeno un po’.

Solo due imprenditori che competono ma…

Sebbene i due rivali Elon Musk e Mark Zuckerberg condividano gli stessi problemi nel tentativo di mantenere rilevanti le proprie aziende nei difficili tempi che corrono, in Silicon Valley sembrerebbe non esserci spazio per darsi supporto a vicenda o peggio, per diventare amici. 

E di questi esempi la valle è piena. Vedi Sam Altman e Sundar Pichai nella lotta per la migliore AI, o Tim Cook e Satya Nadella per chi ha l’hardware e l’OS migliore di tutti.

Anzi a dirla tutta, i vecchi rancori che sembravano essere ormai sepolti dal tempo, non perdono occasione per riaffiorare più vendicativi di prima.

La rivalità tra i due ha origine nel 2016 a causa di un’incidente ad un satellite commissionato per un progetto promosso da Facebook nei confronti di SpaceX, seguita da quelli che in molti hanno definito come boicottaggi pubblici, l’ultimo dei quali è sfociato in una proposta di combattimento a mani nude nell’ottagono. Possibilità che a detta di molti potrebbe non essere poi così remota.

In questo momento ovviamente, Musk sembrerebbe essere sulla difensiva ed è per questo che ha minacciato un’azione legale nei confronti di Zuckerberg, muovendo accuse di spionaggio industriale e furto di proprietà intellettuale, sebbene proprio recentemente questa era stata resa parzialmente open source (in particolar modo per ciò che riguarda l’algoritmo di recommendation).

D’altronde dove pensate siano andate a finire tutti gli ingegneri informatici licenziati da Twitter negli ultimi mesi?

Ma in fin dei conti, la competizione è una componente imprescindibile del fare business. Spesso è spietata e porta a decisioni estreme, altre volte è inaspettata, ma è l’unico motivo che spinge un buon imprenditore a pensare fuori dagli schemi e a mettersi in gioco. Non c’è alcun dubbio che l’innovazione passi per questa via.

Nel caso dei social network tuttavia, il rischio demografico della creazione di due blocchi, uno per ognuna delle componenti polarizzate, rischia di annullare gli effetti benefici per i singoli individui della competizione. La competizione dovrebbe riguardare la qualità del servizio offerto, dell’esperienza accessibile, dei contenuti e della tecnologia, nonché la capacità di soddisfare i bisogni dei clienti di comunicare, socializzare e anche promuovere attività economiche.

Questi sono gli aspetti di rilievo per gli investitori in tecnologia come noi e che consideriamo prima di investire.

L’auspicio è quindi che si possano presto affermare soluzioni anche verticali, ma che differenzino e profilino i clienti in base ai loro bisogni, e non in base alle loro debolezze ed insicurezze. 

Rimangono poi per noi delle domande aperte: questa competizione ci porterà ad un unico protocollo per tutti i social media? Anche Threads supporterà ActivityPub e quale ruolo giocherà la realtà aumentata e il Web3 in tutto questo? Il Metaverso verrà integrato nell’applicazione o emergerà in una dimensione completamente diversa? Nella disputa sul trattamento dei dati, prevarrà l’interesse collettivo a renderli disponibili per il progresso e l’innovazione o quello individuale del diritto alla privacy?

Noi come investitori ancora non abbiamo risposte. Ma il nostro mestiere è proprio quello di fare scelte quando questo livello di incertezza è alto e alla luce di questo non vediamo quindi l’ora di conoscerle!

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