Strategie di Retention dei Founder: Strumenti contrattuali per garantire la stabilità delle Start-up

Categorie: Investitori, Startup
Giugno 19, 2023
Tempo di lettura: 7 minuti

Introduzione

La crescita di una start-up, oltre che alle potenzialità del mercato, è ancorata alla capacità imprenditoriale dei propri founder, che sono essenziali per garantirne il successo, perché in essi risiede non solo la competenza tecnica alla base del prodotto o del progetto, ma anche e soprattutto la visione di business che li ha spinti a mettersi in gioco. Potrebbe accadere però, durante la vita della start-up, che qualcuno tra i founder decida di interrompere la propria attività imprenditoriale e cambiare percorso di carriera. Se questa eventualità causa dei danni contenibili all’interno di strutture organizzative complesse e di una certa dimensione, sulla startup gli effetti sono nettamente maggiori, non solo per il numero ridotto di membri del team, ma per le motivazioni che abbiamo appena accennato. Proprio per questo motivo, è importante che i patti parasociali delle start-up includano una serie di strumenti di retention, utili a tutelare non solo gli investitori, ma anche gli altri founder. In questo blogpost, esploreremo alcuni di questi strumenti, tra cui il divieto di trasferimento delle quote, il bad leaver, il patto di stabilità ed altre tutele.

1. Divieto di trasferimento delle quote

Il divieto di trasferimento delle quote è un meccanismo che impedisce ai founder di vendere o trasferire le proprie quote per un certo periodo di tempo. Questo strumento è particolarmente utile per evitare che i founder lascino l’azienda troppo presto o vendano le proprie quote a terzi non desiderati. Il divieto di trasferimento delle quote può essere applicato per un periodo di tempo specifico, ad esempio durante la fase iniziale della start-up o fino a quando determinati obiettivi di crescita non sono stati raggiunti. Difatti, i founder hanno specifiche competenze e una visione comune. Qualora un membro del team decidesse di trasferire le proprie quote a un soggetto terzo che non condivide gli obiettivi dell’azienda, ciò potrebbe portare a discussioni e creare malcontento all’interno della start-up. Questo renderebbe sempre più “lontano” e difficile il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

2. Bad Leaver

La clausola del bad leaver (letteralmente “uscente in modo sbagliato”) è una disposizione contrattuale che si applica quando un founder lascia l’azienda in circostanze negative o indesiderate e comunque non previste dai patti. Tecnicamente non è altro che una opzione di acquisto da parte di uno o più soci, delle quote detenute dal socio uscente, attivabile per un periodo che va dai 2 ai 5 anni generalmente. Gli eventi che fanno scattare questo meccanismo sono solitamente legate all’abbandono dei ruoli operativi ricoperti in azienda (amministratore, CTO, responsabile R&D o altro) per motivi non ammissibili e non previsti, come un semplice cambio di idea (dimissioni spontanee) oppure licenziamento per giusta causa qualora la questione sia ben più grave di quanto si possa pensare (ad esempio furti in azienda, dichiarazioni mendaci in questioni rilevanti o addirittura coinvolgimento in reati esterni). Generalmente il prezzo dell’acquisto di queste quote è al valore nominale o comunque ad un prezzo notevolmente inferiore rispetto al valore di mercato in modo da consentire un facile a agevole rimpiazzo della figura senza grandi costi fungendo allo stesso tempo da deterrente. In alcune circostanze si può prevedere il cosiddetto good leaver, cioè una serie di casistiche in cui, per motivazioni accettate o di forza maggiore, il founder sia libero di abbandonare il proprio ruolo ad un costo simbolico e solitamente in un lasso temporale molto più ridotto rispetto a quello pensato per la bad leaver (1 o 2 anni).

3. Patto di stabilità

Il patto di stabilità impone ai founder di dedicare la dovuta attenzione e impegno alla startup. Coerentemente con la situazione e, dunque, con le negoziazioni, questa clausola può prevedere un tempo quantificato in una percentuale di tempo lavorativo oppure agganciare tali impegni al raggiungimento di determinati obiettivi. Qualora si tratti del primo caso e qualora l’impegno richiesto sia il 100% del tempo e dell’effort dei founder, si parla di clausola di esclusiva lavorativa. Questo strumento, limitando la partecipazione dei founder ad altre attività professionali o imprenditoriali, evita che i founder possano essere presi da altri progetti e non lavorino in modo congruo al progetto sul quale si è investito (sempre a tutela degli investitori e degli altri founder).

4. Patto di non concorrenza

Il patto di non concorrenza impegna i founder a non intraprendere attività in concorrenza con quella della startup, non solo durante il periodo di attività nella startup, ma anche per un lasso di tempo successivo all’uscita dalla startup, generalmente 2 o 3 anni almeno. Questa previsione è progettata per proteggere la start-up, gli investitori e gli altri founder da potenziali danni derivanti dalla competizione diretta o dall’utilizzo delle conoscenze e delle relazioni acquisite durante il periodo di lavoro nella start-up. Immaginate un founder tra tre che, dopo aver discusso con i propri soci, esce dalla startup e porta con sé clienti, relazioni e know-how: porta via una quota di mercato alla società e questo ovviamente non è accettabile. Di converso, questo divieto di concorrenza può essere limitato geograficamente o più o meno dettagliatamente nel perimetro di attività: più si resterà generici, più il socio uscente sarà limitato. Seppure questa previsione abbia un effetto successivo, può fungere da deterrente per il founder che vuole continuare a fare l’imprenditore ma a condizioni diverse da quelle negoziate con i propri soci.

Conclusioni

Per garantire la stabilità e la crescita a lungo termine delle start-up, è importante implementare strumenti di retention dei founder all’interno dei contratti. Questi sono solo alcuni esempi dei più diffusi meccanismi ma, oltre ad imbrigliare i founder è bene lavorare anche sulla loro motivazione ed incentivo, allineando gli interessi di tutti i soci e definendo una spartizione della torta finale (auspicata) che riesca ad accontentare tutti. È quindi fondamentale che queste disposizioni contrattuali siano ben definite, equilibrate ma soprattutto ben comprese, evitando spiacevoli situazioni di misunderstanding.

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