Liquidation Preference: definizione, funzionamento ed esempi

Categorie: Startup
Dicembre 13, 2022
Tempo di lettura: 6 minuti

La chiusura di un investimento è un’attività che può richiedere molto tempo. Per velocizzare l’ottenimento dei fondi, potrebbe essere utile per i founders arrivare preparati sulle principali clausole standard presenti nel termsheet e nell’accordo di investimento, in modo da avere già una visione chiara delle clausole da negoziare eventualmente con l’investitore.

In questo blog approfondiremo una delle clausole più difficili da comprendere, ovvero la liquidation preference e le sue varie declinazioni, frutto della fantasia delle parti che la negoziano e la elaborano. Solitamente abbiamo LP participating e LP non-participating ma possiamo anche trovarci davanti ad una LP participating con cap.

La liquidation preference (LP) è una clausola che produce i suoi effetti in presenza di uno specifico evento finanziario legato alla vita della startup, ossia un evento di liquidità più o meno “positivo” (dalla liquidazione alla exit). Ma in cosa consiste esattamente? La liquidation preference definisce l’ordine di preferenza appunto di chi viene pagato (o liquidato) per primo ed eventualmente di quanto viene remunerato nel momento in cui avviene l’evento di liquidità.

Infatti, la liquidation preference si caratterizza per una parte di “preferenza” e una di “partecipatività”. 

  • La preferenza consiste nell’assegnare all’investitore il diritto di ricevere la somma dell’investimento prima di qualunque altra persona (senza preferenza) in modo da avere maggiore probabilità, soprattutto nei casi più negativi, di avere accesso ad una somma che gli consenta di recuperare l’investimento ed eventualmente di avere almeno un piccolo rendimento. 
  • La partecipatività (differenza fra LP participating e non-participating) determina la capacità del titolare di questo diritto patrimoniale (viene definito così solitamente nello statuto societario) di partecipare o meno alla spartizione dei proventi in misura più o meno proporzionale rispetto alla quota di partecipazione. Nel caso di una liquidation preference non-partecipating, per esempio, l’investitore avrà il diritto di ricevere in via preferenziale l’ammontare investito (più un eventuale rendimento concordato come tasso annuo di ritorno o come moltiplicatore sullo stesso) ma non potrà partecipare alla distribuzione del resto. Nel caso di una participating invece, il titolare del diritto riceverà una prima parte a copertura del capitale investito più una seconda componente proporzionale alla sua quota di partecipazione al capitale sociale della startup.

Di seguito riportiamo alcuni esempi esemplificativi per una maggiore comprensione delle casistiche della liquidation preference.

# Caso 1

Supponiamo che una startup in fase iniziale abbia raccolto un round di investimento Series A da €500k ad una valutazione pre-money di €2M. In questo caso l’investitore ha ottenuto il 20% della startup (€500K/ €2.5M). Si ipotizza che la startup riceva un’offerta di acquisto per la totalità delle quote al valore di € 4M.

Vediamo quali sono le differenze nel caso di un investitore con un diritto di Liquidation Preference participating o non-participating:

Caso 1

Se nel primo caso, l’investitore ha perso una opportunità perché avrebbe potuto ottenere € 50k in più se non avesse avuto la liquidation preference, nel secondo caso questa clausola gli ha dato un enorme vantaggio. Spesso si definiscono quindi meccanismi di applicazione che identificano una soglia per l’applicazione della liquidation preference o che diano al titolare il diritto di scegliere se applicarla oppure no.

Per calcolare la remunerazione dei founders, basta moltiplicare la quota di partecipazione degli stessi (80% in totale) per la differenza tra il valore dell’exit e la remunerazione dell’investitore.

# Caso 2

Supponiamo che, dopo lo stesso investimento di prima (€500k per il 20% della startup), le cose non si mettano per il verso giusto e la startup riceva un’offerta poco allettante che però deve considerare: €3M.

Caso 2

In questo scenario, l’investitore ha avuto convenienza nell’applicare la Liquidation Preference in entrambi i casi, in quanto la remunerazione come azionista comune è inferiore rispetto alla remunerazione in caso di esercizio della preferenza di liquidazione.

Come anticipato, esistono molti modi per definire l’assetto di questa clausola o diritto patrimoniale. Uno dei più diffusi, per limitare l’effetto moltiplicativo della participating è quello della definizione di soglie per l’applicazione della clausola. Ad esempio, è possibile convenire che oltre una certa soglia di valorizzazione della startup, viene meno la componente “protettiva” della liquidation preference, ossia il rientro dell’investimento e di un rendimento minimo: se le cose vanno bene e la startup arriva a valori molto alti, ognuno definirà i propri proventi semplicemente secondo le quote di partecipazione. 

In conclusione, dal lato degli investitori questa clausola assicura un recupero, parziale o con un rendimento minimo, del capitale investito anche se la startup non raggiunge le valorizzazioni sperate. D’altra parte, per i founder, la liquidation preference potrebbe sembrare invadente ma è sicuramente una leva negoziale per attrarre investitori ad una valorizzazione difficilmente attraente (troppo alta!). È proprio per questo motivo che è fondamentale conoscerne il funzionamento e poter utilizzare questo strumento per trovare un allineamento di interessi con gli investitori.