Dicono che il venture capital italiano debba ancora ingranare, ma quando arriva la svolta?

Categorie: Investitori, Startup
Settembre 18, 2023
Tempo di lettura: 8 minuti

Si dice spesso che l’ecosistema innovazione italiano sia anni indietro rispetto ai corrispettivi esteri ed in effetti le altre economie europee, senza arrivare lontano fino agli USA che seguono logiche da sempre molto diverse e che possono fare affidamento su numeri certamente più elevati, hanno consentito al Venture Capital di sbocciare già qualche anno fa.

Ma guardando i dati italiani relativi agli investimenti in venture capital negli ultimi 5 anni e confrontandoli con gli stessi dati a livello europeo si nota, oltre ad un immenso ritardo e differenza di volumi, un accenno di controtendenza: gli investimenti italiani hanno continuato ad aumentare di numero e volume anno dopo anno mentre nei paesi europei si è registrata una situazione di stazionamento e, in alcuni casi, di flessione.

Questa differenza, visibile nei report annuali di Dataroom, VentureCapital Monitor di AIFI ed altri studi, è stata confermata anche quest’anno, nell’analisi parziale a metà 2023 pubblicata da Growht Capital che sottolinea come, oltre al rallentamento generale degli investimenti, ci sia uno scostamento dal trend europeo molto importante.

Infatti, sia l’evoluzione dei volumi che del numero di deal totali registrati in Italia sono distanti ed in controtendenza rispetto a quelli registrati in Europa. Questo ci fa ovviamente ben sperare se pensiamo che il grafico continui a salire nei prossimi anni, come è salito anni fa negli altri paesi europei.

Ma siamo sicuri che ci stiamo muovendo nel verso giusto e che le regole del gioco non siano cambiate in questo gap temporale che spesso usiamo anche per fare valutazioni forse talvolta un pò superficiali delle bontà di alcuni business europei e d’oltreoceano?

valore di impresa delle startup presenti nell’ecosistema

Da queste osservazioni si nota un dato indiretto in controtendenza con l’Europa: se da un lato i nostri cugini del vecchio mondo registrano una marcata riduzione dei volumi (-28%) e una ancora più forte contrazione del numero dei deal (-40%), determinando quindi ticket medi più alti, nel mercato italiano il trend rispetto agli ultimi 5 anni è capovolto, fortunatamente con il segno positivo, suggerendo una riduzione del sizing medio.

E qui può sorgere il primo dubbio sul trend Europeo: si sono alzati gli importi medi dei round per fase di finanziamento oppure ci si sta concentrando sugli stadi più avanzati a discapito delle fasi iniziali? Crediamo che la risposta, come spesso, sia nel mezzo.

Se da un lato il crescente costo della vita evidenziato negli ultimi anni e quindi dei servizi e delle prestazioni, accompagnato ad una sproporzione rispetto al mercato statunitense, porta i ticket a traslare verso l’alto facendo registrare preseed anche sopra il milione come accade negli states (anche in Italia JetHR ha oltrepassato i 4 milioni in pre-seed!), dall’altro si conferma la tendenza a preferire realtà con un minimo di track record per fare deployment dei propri capitali.

Questa è una verità europea quanto italiana, anche se i dati dell’ultimo trimestre evidenziano un possibile cambio di rotta in Italia, che è tanto più impattante se si pensa che spesso i round avanzati (Series  B, Series C, Series D) anche in italia sono guidati o comunque vedono coinvolti investitori europei, i quali possono ancora beneficiare di un delta sulle valutazioni e di un eccesso di offerta di investimenti tra le realtà nazionali e quelle italiane, dove c’è una concorrenza più debole.

Ma perché nonostante un deployment di capitali maggiore per singolo investimento il mercato europeo è in calo mentre quello italiano fatica a sfornare unicorni? 

Molti potrebbero suggerire che sia colpa della qualità dei progetti e delle startup presenti sul mercato che non sono in grado di attirare a sé la grande mole di dry powder (ovvero i capitali raccolti e disponibili ma non ancora investiti) presente sul mercato ma sappiamo che la qualità della ricerca e dell’innovazione tecnologica europea e (non per vanità) italiana è una delle più alte al mondo.

Una seconda spiegazione in effetti potrebbe nascondersi tra la poca propensione al rischio di molti investitori ed una scarsa attività di supporto e crescita nelle prime fasi di vita delle startup, che condiziona la qualità delle startup che superano i round di pre-seed e seed. Se analizziamo i numeri riportati da Growth Capital è evidente quanto il pre-seed sia ancora poco sviluppato sia in termini di numero di deal che di volumi investiti.


Fonte: Osservatorio sul Venture Capital Italia Q2-23 – Growth Capital | Italian Tech Alliance

Questo secondo elemento sembra essere condiviso da molti investitori, vista la crescente attenzione a queste fasi: il Fondo Acceleratori di CDP e i nascenti Venture Builder e Venture Studio ne sono una prova.

Non a caso anche noi di Archangel ci posizioniamo in questo segmento: crediamo che la differenza vada costruita sin dal principio, cercando di spingere verso le fasi più avanzate del grande condotto di round di finanziamento le realtà con grande potenziale ma con poca o nulla traction (spesso con un team ancora da completare!)

Ma non è certo nel pre-seed che può essere allocata tutta la dry powder disponibile (secondo Italian Tech Alliance si parla di oltre 1 miliardo!); c’è sicuramente bisogno di series C, D e forse dei primi series E ma per generare i cosiddetti megaround serve una solida base (almeno per la legge dei grandi numeri!) che porti avanti molti progetti validi che possano competere ed attrarre gli investimenti giusti per far sbocciare il mercato del VC Italiano.

Per questo c’è bisogno di player specializzati in pre-seed e seed, di venture builders e di acceleratori e incubatori che riescano a creare un sottobosco ricco, dinamico e connesso e di fondi di technology transfer che oltre a finanziare la ricerca, puntino alla creazione di società e team ben strutturati che siano in grado di raccogliere capitali.

Un grande lavoro viene fatto da anni dal Premio Nazionale Innovazione in collaborazione con università ed organizzazioni locali per portare alla luce progetti validi al quale deve seguire tassativamente un percorso ben definito da operatori ancora poco sfruttati.

Per questo motivo noi abbiamo scommesso sul successo di questa prospettiva e lavoriamo a stretto contatto con università, incubatori e startup studio per creare in ogni situazione il percorso più adatto alle realtà in cui investiamo, cercando di generare maggiori opportunità e strumenti utili ai founder accompagnandoli nel loro primo giro di boa e contribuendo all’incremento della pipeline di progetti e startup per prendere parte a quella svolta che l’Italia e tutti noi stiamo aspettando da anni.

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